ESC 2012: Eurovision, il bilancio dopo la tempesta

Dove vincere Nina Zilli? Doveva? Ma come si fa a competere con le alleanze nordiche e il Patto di Varsavia?

Si può guardare l’ESC in due modi. Uno è per puro divertimento, un approccio che è vincente sui social network ed è stato, del resto, quello scelto dai commentatori di RaiDue, Filippo Solibello e Marco Ardemagni. Nella comunità istantanea che si forma su twitter, in particolare, non si finisce di sganasciarsi, scambiandosi facezie con sconosciuti e, se proprio non si riesce a resistere, con qualche celebrity a scelta (Simon Le Bon ad esempio era abbastanza in forma: “Romania: un moonwalk con cornamusa! Ecco quel che volevo vedere”, “Grecia: hanno rimato maniaco con afrodisiaco, perché io non ci ho mai pensato?”).

L’altro modo è: metterla giù pesante. Come si fa del resto in Italia da quando esiste il Festival di Sanremo: farsi menate fuori luogo su quanto sia stata rappresentata la canzone d’autore, sul vero concetto di musica di qualità, sulla perfezione formale della voce e tanti altri argomenti cavillosi in cui negli anni ci siamo macerati a tal punto da ritrovarci sbranati dalle fauci di Maria De Filippi (…non sia mai che non le rivolgiamo un pensierino).

Metterla giù pesante implica mettersi lì e, proprio come si fa per Sanremo (fingendo di ignorare che gli organizzatori sono ben contenti se si polemizza), indignarsi per la qualunque. Per le trovate sceniche kitsch, per gli echi degli anni 80 negli arrangiamenti, per la vittoria della svedese Loreen (sembrava la bimba morta di The Ring che si mette a cantare), per le tresche politiche legate all’evento, per la poca trasparenza nel sistema di voto, per le camarille tra aree geografiche (i Paesi nordici che si votano tra loro, quelli dell’Est allineati al Patto di Varsavia, Italia e Albania che si tendono la mano in questi tempi tristi), per la Rai che non vuole vincere e perciò, come avevamo del resto anticipato quivi, cerca di evitare la terribile eventualità ricorrendo alla diabolica astuzia di mandare, dopo il sofisticato Raphael Gualazzi, la sofisticatona Nina Zilli.

Che beninteso ha fatto il suo mestiere: ormai si è capito qual è il suo stile, e proprio quello lei ha portato – fermo restando che non è prudente che noi si ironizzi sugli altrui cloni dei Righeira quando il bosniaco medio è padronissimo di commentare “Haha, l’Italia manda la versione Vogue di Amy Winehouse”. E a rassicurare le testate che hanno parlato di “delusione” possiamo escludere che Ninona, protagonista di una performance impeccabile, ci sia rimasta veramente male. 

Per la donna su cui l’intero Paese sembra d’accordo, è stata l’ennesima vetrina importante: dalle bandiere rosse del Concertone del Primo Maggio alle bimbeminkia degli imminenti Mtv Days, dalla colonna sonora di Ozpetek al videogioco Pro Evolution Soccer (insospettabilmente accomunati da50mila lacrime), dal ruolo di spalla televisiva di Red Ronnie a quello di Giorgio Panariello, Nina non ha paura di tirare nessun calcio di rigore. Perché appare chiaro che se qualcosa in Italia può mettere d’accordo destra e sinistra, critici e cafoni, sono le Zilli.

Guardate l’esibizione di Nina all’Eurovision…