Italia: Marco Ardemagni, “L’ESC ci ha restituito ciò che mancava”

In fondo la sigla introduttiva  è sempre la stessa. E per chi come Marco Ardemagni ha vissuto gli anni d’oro della nostra tv (quelli per intenderci in cui la cultura Europea in Italia era molto più forte di quanto non lo si adesso che nell’Europa unita ci siamo dentro), l’abbinamento è quasi scontato.

L’Eurovision Song Contest, meglio noto come Eurofestival e Giochi Senza Frontiere. La chiacchierata con una delle due voci (l’altra è Filippo Solibello) che hanno accompagnato i telespettatori di Rai 2 nella finale dell’edizione 2012 della rassegna europea della canzone comincia proprio da qui.

Mettendo insieme musica, televisione, fratellanza fra i popoli e quel sentimento di unità che no, a noi italiani proprio non è mai piaciuto. E adesso che l’Italia c’è di nuovo dentro, il filo conduttore è quasi obbligato: “Ho 49 anni – esordisce – e dunque faccio parte di quella generazione che questo tipo di programmi l’ha sempre apprezzata perché servivano a darci quello che a noi mancava. Se escludiamo gli eventi sportivi, ogni volta che partiva la sigla dell’ESC, era sempre un pò come proiettarsi in un mondo quasi lontano, quella cultura mitteleuropea che abbiamo sempre visto un pò lontana. Una cultura legata molto alla Germania, alla Francia, alla Svizzera, nel caso dell’Eurofestival anche a tanti paesi del Nord. Fa bene tuffarsi in questo tipo di eventi, perché ci fanno sentire parte di un tutto più grande e spesso ce ne dimentichiamo”.

Nella memoria Ardemagni riavvolge rapidamente il film delle edizioni passate ed il ricordo finisce inevitabilmente lì, su coloro che più di altri hanno impresso il marchio a fuoco sulla manifestazione: “Waterloo degli Abba è chiaramente un brano che è impossibile non menzionare – spiega – e  infatti l’abbiamo fatto anche durante la diretta – ma fra gli anni settanta e l’inizio degli anni 80 c’erano tante belle canzoni. Poi dopo l’edizione di Roma ho cominciato un pò a perdere di vista la rassegna, come tanti italiani. Felicissimo di averla ritrovata ed aver visto che lo spirito mitteleuropeo non è cambiato, anzi si è rafforzato, pur con uno spettacolo che adesso è al passo coi tempi nell’architettura, nella tecnologia, nei ritmi. È rimasta un pò della rigidità del tempo, in alcune cose, ma non credo affatto sia un male”.

Così come accaduto per Federica Gentile relativamente alla prima semifinale, il pubblico ha mostrato di gradire il loro stile di commento nella serata finale, ma anche la sottile ironia e il buon grado di preparazione: “Ce l’hanno detto a otto giorni dal via e dunque non è stato facile – racconta Ardemagni – perché contemporaneamente avevamo da fare Caterpillar AM al mattino e portare avanti un altro paio di progetti a Milano. Abbiamo seguito tutte e due le semifinali e per la seconda ci siamo divisi: io l’ho seguita su TRT Turk perché amo molto quel tipo di cultura e mi piaceva capire come affrontavano loro l’evento, mentre Filippo ha seguito lo streaming sul sito dell’evento, per capire come si muovevano i presentatori, che stile adottavano. Abbiamo seguito le prove del venerdì mentre poi il sabato mattina l’abbiamo passato a leggerci un pò di cose, fra cui anche la vostra Guida all’Eurovision Song Contest che ci è stata recapitata ed è stata per noi un grande aiuto per entrare in questo mondo. Siamo soddisfatti del lavoro svolto, anche se forse all’inizio siamo partiti un pò troppo adrenalinici. Speriamo di avere un’altra occasione per commentare la rassegna e di poterci preparare con più calma”.

Una conduzione a due, che in realtà avrebbe dovuto essere a tre: “Verissimo – spiega – Ardemagni – Era stato trovato l’accordo con Arisa, ce l’hanno comunicato il giovedì alle 17.30 e alle 19 ci hanno richiamato per informarci che per motivi personali era dovuta improvvisamente volare a Londra con la sorella. È stata carinissima, ci ha telefonato giusto ieri per scusarsi con me e Filippo”. Ma come era nata l’idea di Arisa? “Noi avremmo voluto un commento tecnico – dice – una persona esperta di musica che per esempio, capisse meglio di noi se uno stonava. Avevamo pensato inizialmente ad un direttore d’orchestra, però volevamo una voce femminile. Non essendoci molta scelta in quel campo, siamo andati sulle cantanti ed Arisa ci era venuta in mente anche per la sua versatilità e simpatia”.

E se la maggioranza del pubblico ha apprezzato il loro stile, c’è stato anche chi ha criticato la stessa scelta di aver accettato il commento di un evento che si svolgeva in una terra poco democratica. “È stata soprattutto la nostra parte di fans più politicizzata – spiega – ma noi abbiamo detto: utilizziamo l’occasione per accendere i riflettori anche sui problemi dell’Azerbaigian. Le cartoline voltapagina, che io mi ero studiato per bene, sono state un ottimo spunto… e anche un modo per attirare l’attenzione di Filippo”. Prego? “Mi riferisco alle battute che facevamo sull’Azerbaigian che era terra di qualsiasi cosa… non erano assolutamente studiate: la cosa è venuta fuori in corsa perché mi serviva un modo per poter commentare le immagini, visto che non si riusciva sempre a dire la nostra sull’esibizione che si concludeva, perché subito dopo la tv inquadrava l’artista seguente. Con le cartoline sono riuscito a convincere Filippo a dire qualcosa su quello che scorreva e a parlare anche del Paese ospitante e della violazione dei diritti umani”.

E se il pianeta dell’Eurovision è variegato per quanto riguarda paesi e culture, il discorso musicale è ancora più complesso: “Ho trovato le canzoni tutte molto professionali e ben costruite – spiega Ardemagni – ma a mio avviso peccavano un pò di originalità, compresa quella di Nina Zilli, allineata un pò al sound che c’era nella rassegna. È un pò come quando da noi si parla della canzone “sanremese”: ecco, credo ci sia anche un pò la canzone “eurovisiva”. Credo sia dovuto al fatto che c’erano anche molti autori dello stesso paese e al fatto che alcuni avevano più canzoni in gara. Forse si sarebbe potuto osare un pò di più, però nel complesso il livello era buono”.

Quando il discorso scende sui brani preferiti però la risposta è netta: “Euphoria secondo me era la canzone migliore, un pezzo molto forte che credo avrà successo in Europa. So che è arrivata anche nelle radio italiane, speriamo che la passino… Per il resto devo dire che io ascolto di tutto ma di solito le mie preferenze sono altre: Arctic Monkeys, Morissey, Strokes, l’indie pop o indie rock, i Radiohead. Nonostante ciò ho apprezzato anche artisti a me lontani. Per esempio, credo che nel suo genere Željko Joksimović sia bravissimo. Anche Soluna Samay aveva una bella canzone, Roman Lob portava un pezzo molto attuale e moderno. Di Rona Nishliu ho apprezzato le doti vocali, di Ivi Adamou invece… beh doti di altro genere: il derby con Eleftheria Eleftheriou l’ha vinto lei!”

E le nonnine russe? “Diciamo che sono state un tributo allo spettacolo”, commenta Ardemagni. “Musicalmente non saranno state eccezionali, ma credo che con un livello di canzoni medio alto ma non altissimo come quello di quest’anno, sicuramente servivano anche per attirare un pò di pubblico. Se si vuole evitare performance come la loro bisogna alzare ancora di più lo standard delle canzoni. Se hai 26 canzoni come quella di Loreen allora si, non servirebbero espedienti, basterebbe solo la musica”.

(Tratto da: Eurofestival News)