ESC 2022: Quali città italiane possono ospitare l’Eurovision Song Contest 2022

All’indomani della vittoria dei Måneskin all’Eurovision Song Contest 2021, che porterà grandi benefici all’economia italiana, è iniziato il toto-nomi e il toto-città. Come noto, il paese ospitante si prende l’impegno di ospitare e co-organizzare lo show dell’anno successivo assieme alla European Broadcasting Union, che fissa i paletti e il regolamento della manifestazione. L’anno prossimo tocca all’Italia, quindi.

Sul toto-nomi, già ieri si facevano diversi ipotesi (Su tutti quello di Alessandro Cattelan, appena uscito da Sky e diviso tra Rai e Netflix). Ma è presto: la prima decisione che verrà comunicata è quella della città che ospiterà lo show. E qua si aprono diversi scenari.

In passato la candidata ideale è stata Torino, come ha rivelato la Rai, che l’aveva presa in considerazione per il post-Gabbani, se avesse vinto. Ma la Rai ha anche specificato che oggi le condizioni sono cambiate e che la scelta non è scontata.

La vittoria dei Måneskin all’Eurovision Song Contest è però ancora troppo fresca per pensare a quale città dovrà ospitare la prossima edizione della manifestazione, anche se dodici mesi passano in fretta e gli aspetti da organizzare sono molti.

  • Già, ma quali sono i criteri per scegliere la città, secondo il regolamento.
  • Arena o altra struttura chiusa con una capienza di almeno 10.000 posti effettivi con il palco e una altezza di almeno 18 metri.
  • Collegamenti con uno o più aeroporti internazionali.
  • Capacità ricettiva adeguata (si parla di decine di migliaia di persone, tra addetti e turisti)

In base a queste caratteristiche le città sono soltanto 4: Torino, Milano, Roma e Bologna. tutte con capacità ricettiva adeguata e diverse caratteristiche logistiche:

  • Torino ha il palazzetto più recente e bello, il PalaAlpitour, inaugurato nel 2005 per le olimpiadi del 2006, nonché l’aeroporto di Caselle.
  • Bologna ha la Unipol Arena, quello con la capienza maggiore (ben 18,000 persone), e un aeroporto (il minore dei 4). Oggi l’assesore alla cultura Matteo Lepore (anche in lizza per le elezioni a sindaco dell’autunno) ha dichiarato apertamente la disponibilità della città.
  • Roma ha il PalaLottomatica, e ovviamente diversi aeroporti, Ciampino e Fiumicino. La città ha ospitato la manifestazione nel 1991 e si racconta di diversi problemi organizzativi (ma allora si svolgeva in uno studio TV).
  • Milano, infine, appare almeno teoricamente la favorita: la città meglio collegata (tre aeroporti, contando Orio al Serio), un’esperienza recente di mega eventi internazionali (Expo 2015) e con una struttura non nuovissima come il Mediolanum Forum, che ha già ospitato due volte gli MTV  European Music Awards, nonché le varie finali di X Factor, dimostrandosi adatto ad un evento televisivo di questo livello. Anche qua la disponibilità è arrivata, tramite Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica del comune.

Si è parlato in questi ore anche di Pesaro, per la dichiarazione del sindaco Matteo Ricci. La città ha il Vitrifrigo Arena da 10.000 persone e lo Scavolini Auditorium, ma collegamenti e ricettività ridotte rispetto alle potenziali concorrenti. Anche si sono candidate per ospitare l’evento, Napoli (il PalaBarbuto) e Reggio Emilia (RCF Arena). 

I costi di organizzare un’edizione dell’Eurovision Song Contest: Storicamente, le ultime edizioni sono costate da un minimo di 20 milioni di euro a un massimo di 27, con il picco di spese più basso nel 2016 in Svezia con circa 16 milioni di euro. Nel 2014 in Danimarca a Copenaghen si arrivò a 42 milioni di euro e questo accadde a causa di errori nella progettazione del nuovo impianto che avrebbe ospitato le esibizioni. Possibili errori che non sono all’ordine del giorno, sia chiaro, ma che comunque è necessario tenere in debito conto. Decine di milioni di euro, cifre importanti. Che però vanno spartite tra il Comune ospitante e la tv, di norma quella di Stato, che trasmette l’evento. Se si pensa che l’organizzazione del Festival di Sanremo costa dai 18 a 20 milioni di euro l’anno, si comprende come tutto sommato i due eventi si equivalgano. Ma non come indotto.

I ricavi: La prima edizione del Festival di Sanremo targata Amadeus-Fiorello ha fruttato alla Rai ben 37,5 milioni di euro. Questo dato è anzitutto una lezione a chi pontifica ogni anno affermando che “i soldi spesi dalla Rai per Sanremo sono troppi, sono soldi pubblici e non possono essere buttati via così” e in secondo luogo una fotografia di quanto può valere un festival musicale estremamente seguito in Italia. Se però si immagina che la platea dell’Eurovision Song Contest è europea e che quindi il bacino di utenza si trasforma passando da 60 milioni possibili a circa 750 milioni, con un pubblico medio a ogni edizione dell’Eurovision di circa 200 milioni di persone. Non dovrebbe quindi risultare particolarmente difficile riuscire a trovare sponsor o inserzionisti pubblicitari interessati. Non solo ricavi derivanti dalla pubblicità. L’indotto che porterà l’organizzazione di un festival musicale di tale portata – le serate sono poco meno di quelle di Sanremo, visto che sono previste due semifinali e una finale oltre a un’intera settimana di prove – è notevole. Giusto in tempo per far riprendere il settore dei lavoratori dello spettacolo, che nell’ultimo anno ha sofferto più di tanti altri. Tecnici, musicisti, artisti di vario tipo: in tanti saranno impegnati per l’Eurovision Song Contest 2022 in Italia.

L’indotto indiretto: Lavoratori dello spettacolo, ma non solo. Che dire di albergatori, ristoratori, guide turistiche e tutto ciò che riguarda il turismo? A metà 2022 la pandemia da coronavirus sarà, questa è la speranza di tutti, solo un ricordo e il turismo potrà avere un notevole impulso anche grazie ai turisti, ai tecnici, agli accompagnatori e agli artisti che arriveranno in Italia per assistere all’Eurovision Song Contest. E magari coglieranno l’occasione per prendersi qualche giorno in più e visitare l’Italia.

Festival di Sanremo: Con l’organizzazione dell’Eurovision Song Contest 2022 assegnata all’Italia, il direttore artistico e la giuria di selezione per il Festival di Sanremo avranno una responsabilità ulteriore. Il vincitore della kermesse musicale in Liguria di norma è qualificato di diritto all’Eurovision Song Contest e il fatto di avere per la prima volta in trent’anni la massima manifestazione musicale europea “in casa” imporrà criteri di selezione più severi. Tradotto: tutti gli occhi del Vecchio Continente saranno puntati sull’Italia, quindi bisognerà presentare artisti che non facciano sfigurare il movimento musicale nostrano. La speranza è che quindi le meteore che hanno troppo spesso popolato il Festival di Sanremo negli ultimi anni siano soltanto finalmente un brutto ricordo. Anche perché la brutta figura fatta dal Regno Unito con l’ultimo posto a zero voti durante l’Eurovision Song Contest 2021 non piacerebbe a nessuno.

La Finale dell’Eurovision Song Contest 2021 vinta dall’Italia con i Måneskin è stato il programma più visto del sabato sera in Italia. A seguire la cavalcata verso la vittoria della band romana sono stati 4.512.000 spettatori, per uno share pari al 25%. Una crescita significativa, per quello che è ad oggi il miglior risultato di sempre in tv per la competizione internazionale (e che l’Italia non vinceva dal 1991, anno del primo posto di Toto Cutugno). Su Canale 5 la replica di 55 Passi nel Sole, la serata evento dedicato ad Al Bano, ha raccolto 2.018.000 spettatori, con uno share del 10,7%.

La finale dell’Eurovision Song Contest di due anni fa, con Mahmood che si piazzò al secondo posto dietro l’olandese Duncan Laurence, fece segnare su Rai Uno 3.530.000 spettatori e uno share del 19,7%, scontrandosi con la finale di Amici che vinse la serata con oltre 4,7 milioni di spettatori e uno share pari al 24,3%. In mezzo c’è stato Europe Shine a Light – Accendiamo la musica, lo show dell’anno scorso organizzato e trasmesso durante il primo lockdown, che fu seguito da circa 2,8 milioni di telespettatori, con l’11% di share. La finale dell’edizione 2018 in onda su Rai Uno, con l’Italia rappresentata da Ermal Meta e Fabrizio Moro, è stata seguita da 3.430.000 spettatori per uno share pari al 18,63%.

Inoltre, il commento del regista Duccio Forzano, il primo a usare le tecniche dell’Eurovision in Italia, a Sanremo nel 2018 e 2019.  

“Dobbiamo ringraziare i Måneskin: questi ragazzi, dopo 30 anni, ci daranno una grande occasione: organizzare uno show dal respiro europeo. Noi qui viviamo in una bolla tutta nostra, ma questo è un altro mondo”. Non ha dubbi, Duccio Forzano: l’arrivo dell’Eurovision Song Contest nel 2022 in Italia, a seguito della vittoria della band romana, è una enorme opportunità. Nel 2018 e 2019, al Festival di Sanremo, Forzano è stato il primo regista italiano ad usare il cue pilot, la tecnica di regia introdotta da Eurovision, che trasforma le performance in una sorta di videoclip in diretta: “Significa che la regia viene montata prima: a questo servono le prove. I cameramen sanno già quando avverrà un dato stacco e quali sono le posizioni”, spiega. 

Gli abbiamo chiesto un parere da esperto sullo show di quest’anno, e su cosa ci aspetta per l’edizione 2022. Dal punto di vista spettacolare, che edizione è stata questo Eurovision 2021? Segnata dalla commistione tra alta tecnologia e teatralità: elementi scenici inseriti in uno spazio ovviamente molto tecnologico. Per esempio – parlo della qualità visiva, non delle canzoni – lo specchio su “El diablo” nella performance di Cipro aveva un effetto clamoroso. Anche l’inglese con le due trombe enormi sull’Inghilterra, o il pianeta sulla performance della Spagna. Tre esempi che il vintage, il teatrale e la tecnologia supermoderna possono convivere.

Una scelta stilistica o le condizioni sono state dettate dalla pandemia? Una scelta stilistica, credo: l’impianto era molto forte, un palco enorme, con la possibilità di fare riprese da lontano, lo schermo LED che si apriva scoprendo delle luci che creavano effetti pazzeschi. Un led trasparente che scendeva parallelo alla passerella, assieme ai ventilatori che venivano utilizzati soprattutto dagli artisti con abiti morbidi o capelli lunghi per creare l’effetto vento. 

È stato il primo show musicale quasi normale, con il pubblico.  Il pubblico fa la differenza per il live. Ma ogni esibizione era televisiva, non era per il pubblico, che si vedeva nello stacco tra una canzone e l’altra. Il pubblico non ha dato niente allo spettacolo televisivo, se non l’audio durante la premiazione. Lo si vedeva raramente, si vedevano i protagonisti, le delegazioni. Chiaramente anche io mi sono emozionato vedendo 3.500 persone in uno show, ma ai fini dello spettacolo non è così importante. Lo è per chi è lì, perché sentire le persone che si esaltano fanno da view meter per la tua adrenalina.

Come ti è sembrata l’esibizione dei Maneskin? I pezzi più rock erano i Maneskin e i finlandesi: la messa in scena ha fatto un bel lavoro. I finlandesi avevano molto rosso e molta grafica che aiutava il ritmo della canzone, mentre per i Maneskin la grafica era soprattutto la proiezione delle loro ombre cinesi sullo schermo, mentre sul palco c’era una pedana con le luci incastrate. L’unico difetto, per il mio gusto, erano i flash sul primo piano di Damiano che accecavano la telecamera. Bellissimo da vedere, in generale.  

C’è un pò di scetticismo sulla capacità italiana di fare uno show come l’Eurovision. Qual è la tua opinione? Questo show deve essere fatto bene, perché i paragoni con l’anno precedente arrivano come delle bombe, lo vediamo. Abbiamo senz’altro le competenze tecnico-artistiche per fare una gran bella figura. Ma se fossi il presidente della RAI, oggi sarei già al lavoro per capire come muovermi per individuare gli spazi, la conduzione, la regia, la fotografia, l’impostazione teatrale. Bisogna iniziare subito. 

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