Sanremo 2012: Gone West – Sanremo in Eurovisione…

Non è una barzelletta: un italiano, un inglese, un irlandese, un tedesco, un finlandese guardano il Festival…

Ci sono abitudini nella vita a cui si fatica rinunciare, per me (nessuno è perfetto) una di queste è il Festival di Sanremo. Sarà che ci sono stato per professione più di una ventina di volte (si lavorava molto, ma la notte del dopo festival era ricca di sorprese), sarà che gli artisti di cui dovevo occuparmi erano quasi sempre ospiti internazionali (non tutti facili e disponibili da gestire, soprattutto quando al teatro Ariston i camerini non erano abbastanza), sarà che l’atmosfera della gara era presente dovunque, certo è che era un momento importante, che poteva cambiare in una settimana non solo il futuro del vincitore, ma anche i budget di una casa discografica.

Come tanti, smesso di andarci, ho anche giocato al Totofestival guardandolo da casa con amici e quest’anno ho invitato per la prima serata un gruppo di residenti locali (non solo irlandesi, ma anche inglesi, tedeschi e finladesi). Tutti pensavano a qualcosa di simile all’Eurofestival (molto più popolare qui che non in Italia) ma io ho spiegato loro che Sanremo era molto di più, la qualità era superiore.

La serata si è appena conclusa e ho almeno scoperto di avere degli ottimi amici (che ancora mi parlano), perché per il resto non mi sono mai sentito tanto imbarazzato da anni.La cosa che subito ci ha divertito è stata la sigla dell’Eurovisione; in un’epoca iperconnessa globalmente dal web l’Eurovisione ci sta come un telefono a gettoni in un bar di Milano. Per esaltare la modernità delle scene si è pensato di iniziare con le note di Also Sprach Zarathustra, cosa che Kubrick fece in visione fantascientifica ben 44 anni fa, regalando ovviamente differente emozione. I cantanti in gara (quasi tutti presentando canzoni “all’italiana”) sono stati accompagnati in scena dai riff rock più famosi (Led Zeppelin, Ac Dc, Kinks, ecc.), con esilarante coerenza di accoppiamenti. Naturalmente si potrebbe andare avanti a lungo, ma quello che ci ha realmente sorpreso in negativo è stato il livello delle canzoni, assolutamente fuori dal tempo.

Per decenni si è detto che chi andava al festival presentava “pezzi sanremesi”, ma spesso (in epoche diverse), alcune di quelle canzoni dominavano le classifiche dei mesi successivi; i 14 “big” di questa edizione hanno la più vaga idea di cosa succede oggi nel mercato musicale?

Sembra quasi una maledizione: il festival richiede brani “importanti”. Si può anche accettare, ma oggi canzoni così le scrivono gente come Bon Iver o Feist, con ben diverse concezioni armoniche, melodiche e ritmiche. Ma in fondo, come cantava il buon Edoardo “Sono solo canzonette” e ogni tanto, soprattutto alla fine di serate come questa niente sembra più desiderabile. Al punto che si sente la mancanza di Give Me All Your Luvin’ di Madonna (naturalmente ai primi posti delle classifiche di mezzo mondo).

(Tratto da: rollingstonemagazine)