In un’intervista con la BBC, Manizha (Манижа), la cantante tagika naturalizzata russa che rappresenterà la Russia all’Eurovision song contest 2021, ha parlato dell’odio che ha ricevuto da parte di politici nazionalisti e commentatori online, dopo essere stata scelta come candidata della Russia per l’Eurovision Song Contest 2021.
Manizha Sangin è stata scelta come candidata russa a Rotterdam da quasi il 40% delle preferenze del televoto, attraverso la selezione russa ‘Yevrovidenie 2021 – Natsionalnyy Otbor’ (“Евровидение 2021”. Национальный отбор. Прямой) per l’Eurovision Song Contest, trasmessa in diretta sul primo canale della televisione nazionale e aperta a tutti.
Subito dopo, però, sono incominciate a pioverle addosso critiche, reazioni negative e offese da parte di chi pensa che non sia adeguata per rappresentare la Russia. Le ragioni starebbero nella sua origine tagika (Manizha è nata a Dushanbe nel 1991, ma si è trasferita a Mosca all’età di tre anni), e per le sue posizioni a favore dei migranti, del movimento LGTBIQ+ e dei diritti delle donne.
La canzone che presenterà al Festival si intitola «Russian Woman» (Русская женщина), è un pezzo scatenato, un’inno dell’emancipazione femminile, cantato in russo e inglese e dice: «Ogni donna russa deve sapere che / Siete forti abbastanza, voi romperete il muro». Versi ritenuti «illegali», al punto che al Cremlino avevano ritenuto opportuno aprire un’indagine sul brano. Questo, nel montare di due fronti che dividono la società russa e che la cantante ha reso, di colpo, completamente nitidi: quello dei conservatori, che credono ne gli ideali misogeni e obsoleti secondo cui le donne devono stare al focolare e gli omosessuali sono persone da silenziare e possibilmente correggere, dall’altro quello che sogna una società equa e finalmente moderna, in cui ogni individuo abbia pari diritti e magari anche opportunità.
Russia’s #Eurovision entrant #Manizha tells me about the hate she’s receiving: “One woman wrote to me ‘I will pray that your aircraft crashes when you go to Rotterdam.'” Producer @BBCWillVernon Camera/edit @mattgodtv Camera @AntonChicherov @BBCNews @BBCWorld @bbceurovision pic.twitter.com/zPjYFwpxQ2
— Steve Rosenberg (@BBCSteveR) March 24, 2021
"It was very hard to understand that someone can hate you so much"
Russia's Tajik-born Eurovision entrant on the abuse she's received because of her ethnicityhttps://t.co/rkgwocgggS pic.twitter.com/BPaCoVvGQ3
— BBC News (World) (@BBCWorld) March 24, 2021
Manizha è stata sottoposta a numerose richieste per la sua sostituzione come rappresentante del Paese in seguito alla sua vittoria nella selezione nazionale russa, considerata da alcuni “non russa”, totalmente pro LGTBIQ+. Il corrispondente della BBC da Mosca Steve Rosenberg è andato a incontrarla: “All’inizio ero spaventata. Mi sono arrivate una marea di critiche terribili, mi minacciano. È stato molto difficile capire che qualcuno può odiarti così tanto […] Non ti può piacere la mia voce, non ti può piacere la mia canzone. Ma se non ti piaccio perché sono nata in Tagikistan, è stata dura […] Una donna, madre di due figli, ha detto che spera e pregherà Dio che l’aereo che mi porterà a Rotterdam, all’Eurovision Song Contest, possa schiantarsi […] Sono una persona normale, sono umana. Lo sai? Ho dei sentimenti e, naturalmente, ho avuto questi pensieri, ma allo stesso tempo sento anche che molta gente è con me. Posso vederlo. Non solo dai media, da persone che la pensano come me. E questa cosa mi sta supportando, questa cosa mi rende più forte, e io sono tipo “Andrò sul palco, qualunque cosa sia, salirò sul palco e farò il mio lavoro, sì, sono lo farò”.
Manizha, attraverso le sue canzoni e, ancora di più, le sue idee, sta dando improvvisamente voce a una nuova generazione , soprattutto di donne, che si sente lontana anni luce da quello che la madre Russia suggerisce loro.
Ma la cantante, 29 anni, originaria del Tagikistan, non è una semplice concorrente del contest e neanche una semplice cantautrice, con il suo sorriso irriverente, denuncerà il razzismo e il maschilismo della società che la circonda. Per il solo fatto di sostenere apertamente la causa LGTBIQ+ e incitare le donne a non sentirsi schiacciate dai cliché che ancora le vorrebbero soprattutto buone mogli e madri, Manizha è diventata una rivoluzionaria. Pericolosa, al punto da innescare un’ondata d’odio che ha toccato anche la politica e che le si è scagliata contro semplicemente per il fatto di sostenere delle cause che in buona parte del mondo, sembrano semplicemente le uniche possibili (tipo che una donna abbia il diritto a realizzarsi e non solo a fare figli o che gli omosessuali non siano pericolosi nemici della società, come sostiene Putin).
Ed è così quindi che la cantante, ben lontana in tutto dagli stereotipi della donna russa rivendicati anche da chi l’attacca, vedendola «non adatta a rappresentarla all’estero», all’Eurovision Song Contest non farà solo una performance, ma un atto politico. Femminista da tempo, ogni volta che pubblica sui suoi profili contenuti in favore delle donne o peggio del movimento gay, perde centinaia di follower. Ma lei continua a farlo, e alla fine ne guadagna: «Mi dicono che sono lesbica perché sostengo la causa. Non è vero, semplicemente amo le persone e penso che tutte abbiano diritto a una vita felice», ha detto. Ora, che anche giornalisti e addirittura esponenti del governo l’hanno attaccata, si sente un po’ spaventata. “Ma voglio concentrarmi su chi mi incoraggia e mi ringrazia, non mi tirerò indietro anche se ogni tanto mi è venuto il pensiero di farlo, dopo tutto l’odio ricevuto”. Una moderna eroina che cerca di sovvertire il sistema, cantando che il mondo dovrebbe essere altro.
La cantante è partita con l’indie a inizio carriera, e poi è passata all’elettronica e alla musica etnica, si è presentata al concorso di selezione nazionale con la canzone “Russian Woman” un particolare collage linguistico e stilistico, che combina inglese e russo, hip-hop e musica popolare russa. Con un testo dai forti contenuti femministi, sopratutto la parte più significativa è proprio il recitativo in russo.
“Questa è una canzone sulla trasformazione dell’autocoscienza della donna negli ultimi secoli in Russia. La donna russa è passata in modo straordinario da un’isba di contadini al diritto di eleggere ed essere eletta (tra le prime al mondo), dalle officine di fabbrica ai voli spaziali”, dice Manizha del suo pezzo. Ha scritto la canzone lei stessa, l’8 marzo dello scorso anno. E sono state proprio le parole sulla forza e l’indipendenza della donna russa a provocare un’ondata di commenti negativi contro Manizha sui social network.
Manizha nata a Dushanbé, capitale del Tagikistan. Quando aveva tre anni, il Paese dell’Asia Centrale fu travolto dalla guerra civile, e nel 1994 una granata colpì la sua casa.
“Miracolosamente, un minuto prima, la mamma era uscita con me tra le braccia per stendere il bucato. Non restava niente dell’appartamento. E allo stesso modo, della vecchia vita non rimase nulla”, ha raccontato in un’intervista.
Subito dopo, la famiglia è fuggita a Mosca e ha cominciato una nuova vita, “senza diritti, senza soldi e senza un tetto sopra la testa”. La madre, Nadezhda Usmanova, fisica nucleare per formazione, dovette lavare i pavimenti e vendere magliette ai passaggi pedonali per dar da mangiare ai suoi cinque figli.
Ora Manizha dice di essere “felice” di cantare e scrivere canzoni in russo per un pubblico di lingua russa, ma la sua origine tagika è diventata la ragione principale dell’odio nei confronti della cantante. Nonostante sia stata scelta dal voto del pubblico, a molti non è piaciuta questa scelta di una “straniera”, e i social network sono stati inondati di commenti come: “Come può una donna tagika cantare di noi donne russe!? Non sono una nazionalista, ma questo mi fa impazzire!”.
Manizha ha dovuto affrontare stereotipi e xenofobia fin dall’inizio della sua carriera in Russia. Ha studiato musica fin dall’infanzia, e da piccola è stata premiata al IV festival-concorso internazionale “Kaunas Talent”. Ha girato tutti gli Stati baltici e le sue canzoni sono state ascoltate sulle stazioni radio tagike. La prima “grande” popolarità le è arrivata a metà degli anni Zero del Duemila, quando aveva appena 15 anni. I produttori russi l’hanno notata e hanno investito nella promozione della cantante. Tuttavia, le fu vietato di esibirsi con il suo nome, “troppo musulmano”, e così si inventò lo pseudonimo di Ru.Kola.
“Hanno iniziato a rimodellarmi”, ha detto Manizha. Le hanno fatto tingere i capelli in una tonalità più chiara, hanno sostituito gli insoliti costumi etnici con succinti abiti femminili, le hanno vietato di esibirsi con le sue canzoni autoriali e le hanno preparato un repertorio pop. A quel tempo, riceveva 10.000 euro per esibizione (molto più di adesso), e dava almeno 10 concerti al mese. Ha registrato anche il suo primo album da solista, “Prenebregaju” (ossia“ Io disprezzo”) nel 2008. Ma dopo tre anni ha lasciato il progetto per essere più libera artisticamente.
“Mi piaceva esibirmi, ma sentivo che non mi dava niente”, spiega ora.
Dopo aver lasciato l’ala protettrice dei produttori, la cantante non è riuscita a trovare la sua strada musicale e ha seriamente pensato di mollare tutto, soprattutto dopo i tentativi falliti di esibirsi in un gruppo. Non voleva tornare allo showbiz, quindi ha rifiutato le etichette, comprese quelle occidentali.
Durante questo periodo, è riuscita ad apparire in uno spettacolo europeo, che però non è mai andato in onda, e si è esibita al Palazzo del ghiaccio di San Pietroburgo come artista d’apertura al concerto di Lana Del Rey del 2013, ma questo non ha cambiato radicalmente la sua carriera. “Ero in un baratro psicologico”, ammette Manizha. A cambiare tutto è stato Instagram.
La cantante ha iniziato a pubblicare collage musicali e copertine di 15 secondi sul social network. Questo formato è diventato inaspettatamente popolare. Nel giro di un mese, l’account da 700 iscritti è cresciuto a 5000. Instagram, che “era solo uno sbocco”, è diventato in pochi mesi la sua piattaforma principale e la sua fonte di guadagno.
Nel 2016, ha pubblicato su Instagram l’album indipendente “Manuscript”: facendo uscire una nuova canzone ogni settimana, ognuna con un video Instagram. L’album è rimasto tre settimane nelle prime posizioni della classifica di iTunes e ha riportato Manizha nel mondo della grande musica, con la madre a farle da produttrice e stilista.
Nel 2018, ha pubblicato “Я I AM” un album che è un mix di musica etno-pop, soul ed elettronica. La maggior parte delle sue canzoni sono dedicate ad argomenti sociali e il suo account Instagram è la piattaforma usata per sollevare argomenti seri.
Ha lanciato il flashmob “Travma krasotý” (ossia: “Il trauma della bellezza”), contro gli ideali estetici imposti dalla società, e la campagna sociale SILSILA, un’applicazione gratuita per combattere la violenza contro donne e adolescenti con un pulsante SOS e un database di centri di aiuto. Dal 2019 è ambasciatrice di “Podarì Zhizn” (“Dona la vita”), una fondazione di aiuto ai minori, e da dicembre 2020 è la prima ambasciatrice russa di buona volontà delle Nazioni Unite, dove si occupa delle “persone costrette a fuggire a causa di conflitti e persecuzioni”.
La cantante ha ripetutamente parlato anche del suo sostegno della comunità LGBT. “Sono per un mondo in cui l’orientamento sessuale, il genere, la religione e la razza non siano etichette distintive. Noi siamo più di questo”, ha osservato.
Parlando di Eurovision, ricorda che era ambivalente nei confronti del concorso, e difficilmente avrebbe potuto immaginarsi su quel palco alcuni anni fa. Ma, come tante volte nella sua vita, è arrivata una svolta.
“Sono rimasta molto toccata alcuni anni fa dalla vittoria di un ragazzo portoghese che ha cantato la sua canzone con l’accompagnamento di una chitarra e nella sua lingua, senza fare chissà quale produzione e senza avere indosso abiti super firmati. È uscito sul palco e ha cantato con calma. Vedendolo, ho pensato che quando hai qualcosa da dire, la vittoria è inevitabile.”
Manizha è pronta a stupirci ancora una volta. L’abito che la rappresentante russa indosserà per il suo live a Rotterdam sarà realizzato con pezzi di stoffa provienenti da diverse regioni della Russia.
L’idea è quella di rappresentare tutte le donne russe. Ogni pezzo di stoffa, rappresenterà quindi ogni donna provienente dalle diverse parti della sconfinata Russia.
Sarà la madre di Manizha, Najiba Usmanova, a cucire l’abito. La madre ha inoltre raccontato che è stato difficile raccogliere pezzi di stoffa dalla Jacuzia e dal Circondario autonomo degli Chanty-Mansi-Jugra. I pezzi dalla Jacuzia hanno disegnati all’interno 5 occhi, che simboleggiano protezione contro le negatività.
Oltre alla cantante russa Manizha, che è stata duramente attaccata per la sua origine tagika e la sua posizione a favore dei diritti Lgbti+, il onduttore della televisione pubblica polacca appoggiato dal partito sovranista è stato nominato senza una selezione, mentre è stata bocciata la partecipazione della Bielorussia con un duo che criticava i manifestanti anti Lukashenko.
La Polonia ha scelto di farsi rappresentare da un conduttore di storici programmi della televisione pubblica (TVP), come Koło fortuny, la versione polacca della Ruota della fortuna. Rafał Brzozowski canterà “The ride“, un pezzo, scritto in inglese da uno staff di autori svedesi, che pare uscito direttamente dagli anni Ottanta. Tuttavia non è la qualità della canzone che ha fatto infuriare i fan dell’Eurovision, o meglio non solo.
È il fatto che il cantante sia stato nominato senza una selezione e abbia scavalcato la giovane collega Alicja Szemplińska, che l’anno scorso non aveva potuto vivere una vera partecipazione al festival canoro europeo a causa della pandemia da COVID-19. La gara, infatti, era stata cancellata e sostituita da uno show serale per non far passare del tutto sotto silenzio l’evento.
Per l’edizione 2021 molti Paesi, ventidue su quaranta, hanno deciso di dare una seconda chance agli artisti che non avevano potuto esibirsi. Non è stato così per la Polonia e Alicja Szemplińska. Questo nonostante la cantante diciottenne, per accedere alla possibilità di rappresentare la propria nazione, lo scorso anno avesse vinto il programma Szansa na sukces – Eurowizja (Occasione per il successo – Eurovision) con la canzone “Empires“, convincendo la giuria e milioni di polacchi che l’avevano votata.
Brzozowski, invece, dal canto suo non ha dovuto sbaragliare concorrenza alcuna: la televisione nazionale polacca, controllata dal PiS, il partito conservatore Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość), che guida il Paese, ha optato su di lui direttamente, secondo logiche interne. Il che, appunto, gli ha dirottato le critiche di chi ha visto persino in quest’ambito un’invasione dell’esecutivo.
Anche la partecipazione della Bielorussia si porta dietro uno strascico di polemiche. Fino a una settimana fa sembrava tutto deciso: a rappresentare il Paese avrebbero dovuto essere i Galasy ZMesta (Галасы ЗМеста) con la canzone “Ya nauchu tebya (I’ll Teach You)“ (Я научу тебя, Ti insegnerò), critica nei confronti degli oppositori del presidente Aleksandr Lukashenko. Con una procedura simile a quella polacca, i Galasy ZMesta (Галасы ЗМеста) erano stati indicati dalla televisione pubblica a sostituire i VAL ( ВАЛ), duo composto da Valeria Gribusova e Vladislav Pashkevich (Валерыя Грыбусава і Уладзіслаў Пашкевіч, che avrebbero dovuto concorrere all’edizione 2020 con “Da vidna” (Да відна, Before dawn).
Per i critici di questa decisione, il motivo della sostituzione sarebbe stato la loro partecipazione alle proteste successive alla rielezione di Lukashenko; mentre le motivazioni ufficiali sostengono che Da vidna mancasse di impegno sociale. Poco dopo l’inizio delle manifestazioni anti-governative, i Val montarono un video e rilasciarono un’intervista molto critica nei confronti del mondo dello spettacolo bielorusso, accusato di essere connivente con il regime: “Le persone stanno aprendo gli occhi su qualcosa che nel nostro Paese esiste da molto tempo, ma di cui finora non si era parlato. Se sulla politica possiamo limitarci a riportare quel che tutti dicono, nel campo dello spettacolo abbiamo qualcosa da raccontare per esperienza personale”.
La corsa all’Eurovision dei Galasy ZMesta (Галасы ЗМеста), però, questa volta è stata bloccata dall’organizzazione stessa del Festival: “Abbiamo concluso che la canzone compromette la natura non-politica dell’evento. Inoltre, le recenti reazioni alla proposta rischiano di screditare la reputazione dell’Eurovision. Per questo abbiamo scritto alla televisione bielorussa, che è responsabile della scelta, per avvertire che la canzone, così come presentata, non potrà prendere parte al concorso, ma che occorre modificarla, oppure sottoporne un’altra”, si legge nel comunicato netto da parte del Festival.
Prima di essere cancellata dal canale YouTube ufficiale della manifestazione, la canzone dei Galasy ZMesta (Галасы ЗМеста), un quintetto pressoché sconosciuto malgrado le posizioni filo-governative, era andata incontro a un vero flop del pubblico, con giudizi contrari che superavano di cinque volte quelli favorevoli. Contro la loro presenza al Festival, di fatto, si era scatenata l’opposizione interna e di chi segue le vicende della Bielorussia in tutto il mondo. Sulla questione è intervenuto Lukashenko stesso, che, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, ha dichiarato: “Iniziano a pressarci su tutti i fronti, persino per l’Eurovision Song Contest. Proporremo un’altra canzone e vedrete quanto tutto questo sia stato politicizzato”.
All’Eurovision Song Contest la Polonia non è mai andate oltre il secondo posto. Il miglior piazzamento polacco coincide con la prima partecipazione alla gara (Edyta Górniak, “To nie ja“, 1994), mentre la Russia ha vinto nel 2008 (Dima Bilan con “Believe“). La Bielorussia si è posizionata al massimo al sesto posto nel 2007 (Dmitry Koldun con “Work your magic“). L’Italia gareggerà con “Zitti e buoni” dei Måneskin, vincitori dell’edizione 2021 di Sanremo, auspicando di agguantare quella vittoria che manca dal lontano 1990 con Toto Cutugno, “Insieme“.
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