ESC 2022: L’Eurovision Song Contest all’Università di Bologna

L’Eurovision Song Contest è entrato all’Università di Bologna. Incontro tematico sulla rassegna con i ragazzi dell’Erasmus Mundus, nella conferenza inaugurale dell’anno accademico.

L’Eurovision Song Contest entra nelle università italiane. Evento piuttosto raro se è vero che anche le pubblicazioni sulla rassegna in italiano si contano sulle dita di una mano.

Alma Mater Università di Bologna ha scelto l’Eurovision come argomento per la conferenza inaugurale dell’anno accademico di Erasmus Mundus in Lingue e culture europee. Precisamente il tema dell’incontro è stato “Nation Branding ed identità europea attraverso l’Eurovision Song Contest“.

L’incontro è stato introdotto dalla titolare del corso, la professoressa Anna Paola Soncini. Emanuele Lombardini, giornalista e presidente di giuria Rai nell’ultima edizione dell’Eurovision ha dialogato con un gruppo di 25 studenti, presenti in parte in presenza ed in parte on line per motivazioni legate alla attuale situazione sanitaria, provenienti da Italia, Spagna, Grecia, Ucraina, Russia, Portogallo, Brasile, Colombia, Cina, Iran, Giordania e Messico. Presente in platea anche il vicecapodelegazione italiano Eddy Anselmi, esperto dell’Eurovision Song Contest.

L’incontro. Si tratta di uno dei primi esperimenti legati al tema eurovisivo in Italia. Il filo conduttore è stato il ruolo che negli ultimi anni l’Eurovision si è ritagliato al di là dell’aspetto televisivo e canoro, quello di grande arena culturale nella quale le identità nazionale sono in vetrina e si fondono con i comuni valori europei.

L’Eurovision, è stato detto, è sempre più uno “strumento di confronto” per la costruzione di una scala di europeismo.  Partecipare all’Eurovision Song Contest – ed anche vincerlo, con la possibilità di poter poi ospitare la rassegna – diventa, soprattutto per i Paesi alla periferia del Continente, quasi un requisito primario per entrare “in Europa” ed in qualche caso è stato addirittura utilizzato come “test” in vista dell’ingresso nella UE.

I ragazzi si sono confrontati sul tema dello “stereotipo”, che è la figura usata per rapportarsi fra i vari paesi d’Europa, attraverso un viaggio con immagini e video fra costumi e canzoni, sino ad arrivare al “prototipo” della canzone eurovisiva, con riferimenti allo schlager, al Melodifestivalen ed alle tante produzioni svedesi spesso indistinte ed allo stereotipo della musica italiana all’Eurovision Song Contest, interrotto dalla vittoria dei Måneskin.

In particolare, su questo fronte è emerso come quasi nessuno degli studenti non italiani sia stato in grado di nominare tre cantanti italiani fra quelli attualmente nel mainstream, a testimonianza di come il nostro Paese non lavori in alcun modo sulle esportazioni.

Le testimonianze. Successivamente, l’interazione coi ragazzi ha attraversato i percorsi eurovisivi dei vari paesi, con particolari accenti su alcuni di questi e su alcuni storici aneddoti eurovisivi, poco noti alle giovani generazioni.

I ragazzi non italiani hanno portato la loro esperienza diretta con l’Eurovision nei Paesi d’origine. In particolare, dall’Ucraina è emerso come la politica abbia orientato le scelte eurovisive dal 2004 ad oggi, in parte danneggiando la possibilità di godere un evento nel quale il Paese ha spesso proposto spaccati interessanti della propria cultura.

Dalla Grecia è emerso invece come le canzoni eurovisive abbiano attraversato le generazioni, tanto che brani come “Krasi thalassa ke t’agori mou” di Marinella (1974), primo brano ellenico in concorso, sia conosciuto oggi tanto dagli adolescenti quanto dai loro genitori o parenti. Con la progressiva internazionalizzazione delle canzoni greche, si è perso gradualmente anche questo legame.

Anche dalla Spagna è emerso come le produzioni recenti, che hanno fruttato sei piazzamenti sotto il ventesimo posto negli ultimi sei anni abbiano ormai segnato una disillusione dal punto di vista dei risultati, pur rimanendo la passione per lo show.

Con gli studenti italiani invece il discorso è andato inevitabilmente sul Festival di Sanremo, il cui legame ha permesso di consegnare sin dagli esordi all’Eurovision artisti che godevano di un consenso popolare. Questo aspetto, unito a quello sottolineato dal relatore (e cioè che la Rai dall’anno del rientro ha sempre creduto nelle entries presentate), ha permesso all’Italia di diventare la migliore fra le Big 5 all’Eurovision in termini di risultati.

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