Sanremo 2017: La Storia di un Festival

Il Festival nasce il 29 gennaio 1951. È il primo giorno della settimana, e tutti sanno che il lunedì la casa da gioco registra scarse presenze di pubblico e deboli incassi. La partenza è prudente, e non si corrono grandi rischi. Lo spettacolo è all’esordio, ancora da pubblicizzare ed il gradimento ancora da verificare. In sala la scenografia è assente ed al pubblico si chiede di pagare 500 lire per assistere al festival seduto ai tavolini da bar, con tanto di camerieri che vanno e vengono, tra un tavolino e l’altro, stile café-chantant.

Le cronache nazionali ignorano l’evento, mentre quelle locali parlano di una scarsa presenza di spettatori, ma gli organizzatori non se ne preoccupano perché il pubblico vero non è quello presente in sala, ma quello della radio. Il festival nasce come concorso radiofonico e trasmesso dalla radio, sul secondo programma  la mitica “Rete Rossa”, che affianca l’ammiraglia Rai, la “Rete Blu”. Il pubblico potenziale è molto vasto, parliamo di milioni di persone che non si possono paragonare alle poche centinaia presenti in sala.

La sede scelta per la manifestazione, il salone delle feste del Casinò di Sanremo, era un luogo conosciuto dal pubblico per le manifestazioni di carattere culturale come premi letterari e stagioni di prosa o per i balli e le danze.

Al primo festival ci sono solo due fotografi: quello della Rai, che, dopo aver fotografato le strutture prima dell’inizio della manifestazione, lascia il campo al fotografo di sala del Casinò. Quest’ultimo in realtà considera come suoi veri clienti gli spettatori seduti ai tavoli, e non i cantanti e l’orchestra. Nonostante questa impostazione, “spreca” qualche scatto a quanto accade sul palco e per i primi anni realizza interessanti servizi fotografici della manifestazione, che  prova a vendere prima alla Rai, poi ai cantanti e infine alla direzione del Casinò, che tuttavia si dichiareranno poco interessati all’acquisto di queste foto. Con suo personale disappunto tutto il materiale fotografico verrà distrutto. Per questo motivo sono pochissime le immagini delle prime edizioni in circolazione ed il maggior numero di immagini è custodito dall’Archivio Moreschi, grazie al lavoro dell’allora giovanissimo Alfredo Moreschi.

Nel primo dopoguerra, la canzone italiana non era molto conosciuta. Nel mondo la canzone italiana veniva identificata con la canzone Napoletana, tanto che lo stesso Casinò fra le sue credenziali per ospitare la manifestazione annovera proprio il festival della Canzone napoletana del 1931.

La canzone in lingua italiana muoveva i suoi passi incerti, potendo contare anche su qualche discreto successo, ma era poco amata in un paese indietro con l’alfabetizzazione ( vi ricordate il maestro Manzi?) e che in casa parlava normalmente il dialetto.

La Rai per la prima edizione invita tutte le case editrici musicali italiane, con una canzone ciascuna, per un totale di 240 brani pervenuti. Una commissione li esamina e sceglie le 20 migliori, che saranno cantate da tre artisti: Nilla Pizzi, Achille Togliani, salito alle cronache rosa per una relazione con Sophia Loren, e le gemelle Dina e Delfina Fasano.

In gara vanno le canzoni e non i cantanti!!!

Alle 22 il conduttore Nunzio Filogamo apre il Festival della canzone italiana così: “Signori e signore, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezionale serata organizzata dalla Rai, una serata della canzone con l’orchestra di Cinico Angelini. Premieremo, tra le 240 composizioni inviate da altrettanti autori italiani, la più bella canzone dell’anno”.

La serate finale va in onda dalle 22 alle 22.30. I quotidiani dedicano solo poche righe all’evento, ma ecco il primo miracolo: la canzone strappalacrime della Pizzi diventa immediatamente un cult popolare, tutti la cantano e tutti parlano del Festival.

Nilla Pizzi commenta così la vittoria: “Mi sembrò una cosa fatta in famiglia. Cantai nove canzoni con il foglietto del testo in mano: anche se ho avuto sempre buona memoria quella sera temevo di dimenticare le parole. Quando mi dissero che aveva vinto Grazie dei fior non provai nessuna emozione, lo avevano previsto tutti, a cominciare da Achille Togliani”

Per registrare la prima gaffe del festival non dobbiamo aspetta Mike Bongiorno, ci pensa il bravissimo Filogamo, che al  momento della premiazione chiama sul palco il maestro Seracini, autore della canzone vincitrice, senza ottenere risposta.  Il presentatore lo sollecita nuovamente a salire sul palco e lo attende in silenzio fino a quando  interviene il maestro Cinico Angelini che rende pubblico il fatto che il maestro Seracini non è in sala perché pochi giorni dopo aver composto il brano ha perso la vista. Un attimo di grande gelo avvolge la sala, che supera il momento di imbarazzo tributando al vincitore assente un grande e commosso applauso.

Anche la seconda edizione del Festival della canzone italiana va in onda alla radio sul «secondo programma», che è il nuovo nome della “rete rossa” e in diretta dal Casinò di Sanremo. Presenta nuovamente Nunzio Filogamo, il palco è sempre di legno, la scenografia scarna, il biglietto costa 4 mila lire e il pubblico ancora seduto ai tavoli.

La prima edizione aveva registrato un inaspettato successo discografico: 80.000 copie di dischi venduti, di cui 36.000 solo della Pizzi, e con le case che, avendo sottovalutato l’avvenimento, erano rimaste colte di sorpresa dalla grande richiesta del pubblico. Con la crescita dell’attenzione verso il festival aumentano anche le richieste di partecipazione, cresce il numero dei cantanti ammessi e, per la serata finale, da Milano viene organizzato un treno speciale dei fan di Nilla Pizzi.

Nel 1952 Filogamo apre il Festival con un saluto entrato nella storia della televisione: “Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate”. Questa frase fu usata soprattutto per richiamare l’attenzione ed invitare al silenzio il pubblico presente in sala, che si intratteneva con grande allegria, ed era più attento alla cena che non allo spettacolo. La speranza del povero  Filogamo era quella di essere ascoltato almeno da chi sta a casa.

Alla commissione esaminatrice sono arrivate 380 canzoni, ridotte poi a venti. Il numero degli interpretati è aumentato, passando da tre e cinque: Nilla Pizzi, Achille Togliani, il Duo Fasano, Gino Latilla e Oscar Carboni.

L’orchestra è sempre diretta da Cinico Angelini.

La radio diffonde la parte delle tre serate dedicate alla gara, i collegamenti avvengono dalle ore 22 alle 22.45 per l’esecuzione delle canzoni e alle 23.45, per trenta minuti, per conoscere il risultato delle votazioni.

Vengono presentate dieci canzoni per volta tra la prima e la seconda serata. Le dieci considerate le migliori (cinque e cinque) accedono alla finale. In sala sono presenti cinque giornalisti la prima sera e quindici la seconda.

Le venti canzoni selezionate e, soprattutto le tre vincitrici, sono i motivi che i radio-ascoltatori sentiranno e risentiranno all’infinito per un anno di seguito. Questi motivi e i testi che li accompagnano sono gli indicatori dei dei gusti del popolo. E c’è chi commenta amaramente sui giornali: “la canzone è la poesia del popolo”.

Le seconda edizione celebra il trionfo e consacrazione della ‘regina’ della canzone italiana: l’insuperabile Nilla Pizzi con i primi tre posti: Vola colomba;  Papaveri e papere e Una donna prega.

Un exploit veramente unico.

La canzone vincitrice è certo suggestiva, ma stupisce come possa essere stata presentata dall’editore come “béguine”, un ballo popolare originario dei Caraibi.

Nonostante il secondo posto, riscuote un grande successo “Papaveri e papere”, motivetto orecchiabile che qualcuno volle interpretare come una satira politica verso alcuni politici di governo: “Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti e tu sei piccolina, e tu sei piccolina (…) sei nata paperina, che cosa ci vuoi far?”

E’ il primo caso sanremese di polemica politica: la canzone resiste ad un tentativo di censura perché alcuni sospettavano che nei “papaveri” si identificassero i governanti democristiani e nelle “papere” il popolo. Gli autori smentirono seccamente i sospetti, sostenendo che la canzone voleva soltanto ironizzare sulla condizione femminile, ma il PCI comunque userà Papaveri e Papere nelle elezioni politiche, stampando manifesti contro i “papaveri” della DC.

Dopo aver conquistato le prime tre posizioni, la Pizzi si sfoga e piange: “La sera della vittoria mi ritrovai sola nel Salone delle Feste. Tutti se ne erano andati a giocare, e la sala era avvolta nella penombra….. La mia testa era piena di pensieri sgradevoli…. Ora sarei stata il bersaglio dell’invidia dei miei colleghi, ferita dai soliti pettegolezzi e tutti diranno che sono una raccomandata che con tutti i mezzi si accaparra le canzoni migliori”.

I pettegoli ben informati sostengono infatti che lei abbia una relazione con Cinico Angelini, di diciotto anni più grande.

Festival e Fiori sono sempre stati protagonisti di grandi polemiche. Eppure tutto era iniziato bene: la manifestazione è promossa dall’azienda turistica della Riviera dei Fiori, si svolge nella Città dei fiori e la prima canzone vincitrice parla di fiori. Anche se qualcuno avanza il sospetto che la canzone abbia vinto proprio perché parlava dei fiori, la polemica non decolla la canzone è davvero bella e merita il successo pur in ruffiana presenza di fiori.

Al momento della premiazione però, anche se siamo nella riviera e nella città dei fiori, nessuno ha pensato a preparare un mazzo di fiori per la vincitrice. Così solo all’ultimo momento e grazie alla prontezza di riflessi di un abile cameriere, si mettono insieme alla rinfusa alcuni garofani, appassiti e recuperati fra quelli sistemati sui tavoli della sala, componendo un modesto mazzo da offrire alla vincitrice. Siamo alla radio e nessuno li vede, in sala tutti aspettano che finisca quella manifestazione che impedisce di ballare al pubblico e il fotografo si dimentica di riprendere il momento finale della gara. 

L’anno successivo la floricoltura del Ponente entra alla grande nel Festival. L’azienda Fazio di Latte di Ventimiglia cerca di porre rimedio all’errore del primo anno e offre a Nilla Pizzi un mazzo di papaveri “Nilla” dedicati alla regina del festival. Prende inizio così la tradizione di dedicare un fiore ad un personaggio del Festival, tradizione che si estenderà a tutto il mondo dello spettacolo. Il papavero Nilla è ancora oggi una delle varietà più vendute e apprezzate dal mercato, ma pochi ne conoscono l’origine e la storia. 

Il terzo Festival di Sanremo è all’insegna dello scontro tra Nilla Pizzi e Carla Boni. Vince quest’ultima, in coppia con Flo’ Sandon’s. E questa volte per le due cantanti sono pronti due splendidi mazzi di rose. Ma Carla Boni lo posa subito dopo la cerimonia sull’altare della chiesetta vicino al Casinò, commentando così l’offerta floerale: “Ho sempre odiato i fiori, mi ricordano il cimitero”. L’altra vincitrice, li lascia sul palco e viene ricoverata d’urgenza in ospedale con quaranta gradi di febbre, dove le viene diagnosticata una grave  peritonite.

Con l’arrivo della televisione i fiori vengono largamente utilizzati per ornare il palco del salone delle feste del Casinò fino ad allora piuttosto disadorno e buio. In un crescendo di anno in anno arrivano le nozze fra il Festival e il “Corso fiorito”, una festa cara ai sanremesi.

Due mondi molto diversi, quello della musica e della floricoltura, si uniscono creando un spettacolo nello spettacolo, un’autentica esplosione di note, profumi e di colori. Le foto dell’archivio Moreschi documentano bene questo momento irripetibile.

Poi fra alti e bassi le due manifestazioni si sono definitivamente allontanate: fare sfilare a gennaio gli artisti era pericoloso per le corde vocali e il “Corso fiorito” scivolava verso la primavera, quando i fiori “costano” meno. Le polemiche sulla presenza dei fiori sul palco si accendono ad anni alterni, certo che la città dei fiori, di fiori ne mette in mostra davvero pochi.

Dalla terza edizione del festival cresce l’interesse dell’industria discografica, in quell’anno la Rca sbarca in Italia. La stampa segue con attenzione la manifestazione, che non è solo un evento musicale, ma anche mondano e di costume. E aumentano le polemiche, che contribuiscono a far crescere l’interesse sulla gara.

Esplodono i primi scandali: la canzone di Gino Latilla, “Tamburino del reggimento”, è accusata di aver plagiato la canzone fascista Giarabub, ed il cantante litiga pubblicamente con un giornalista.

La canzone “Acque amare”, interpretata da Carla Boni e Katyna Ranieri, ottiene un clamoroso record di applausi, durati un minuto e quaranta secondi, ma viene clamorosamente eliminata perché non ottiene neppure un voto.

Tutto quello che accadeva a Sanremo durante il festival era una  notizia. I giornali e le riviste cominciano ad occuparsi di quella cronaca più “leggera”, che piaceva al grande pubblico. In questo periodo muove i primi passi una nuova pubblicazione”Sorrisi e canzoni d’Italia”, che presto diventerà “Sorrisi e canzoni”, uno dei più importanti settimanali per la diffusione nazionale e il numero di copie vendute. E dal palco del festival non mancano gli argomenti per i primi passi del gossip: Carla Boni e Nilla Pizzi sono rivali anche in amore, con la complicità di Gino Latilla e Cinico Angelini, mentre Flo Sandon’s diventerà la moglie di Natalino Otto.

Per la terza volta consecutiva presenta, sempre dalla radio, Nunzio Filogamo.

Il numero dei cantanti passa a 10: agli “storici”Nilla Pizzi, Achille Togliani e Gino Latilla, si aggiungono Carla Boni, Giorgio Consolini, Doppio Quintetto Vocale, Quartetto Stars, Katina Ranieri, Teddy Reno (all’anagrafe Ferruccio Ricordi), Flo’ Sandon’s.

Questa edizione registra un controllo più rigoroso dei votanti, e per la finale i bagarini vendono i biglietti a 10.000 lire. Gli ottanta componenti della giuria in sala sono estratti a sorte dal notaio e affiancati dalle giurie periferiche dislocate nelle 16 sedi della Rai, composte da abbonati alla talavisione. Per evitare di influenzare le giurie esterne, non vengono trasmessi gli applausi fra una canzone e l’altra. Ma alcuni spettatori, informati e intraprendenti, con un segreto passaparola cominciano ad applaudire durante il ritornello aggirando così il divieto.

Due graziose hostess ritirano le schede del pubblico e i risultati delle giurie esterne vengono annunciati dagli altoparlanti.

Ecco il podio di Sanremo che segna la sconfitta di Nilla Pizzi e la vittoria di Carla Boni

Al primo posto, Carla Boni e Flo Sandon’s con Viale d’autunno; secondi Nilla Pizzi e Teddy Reno con Campanaro; terzi Teddy Reno e Achille Togliani con Lasciami cantare una canzone in ex aequo con Vecchio scarpone di Gino Latilla

Interessante per capire la terza edizione il commento di Gigi Vesigna: “Il Festival ormai richiama un pubblico rigorosamente in smoking, con le signore che ostentano pellicce e gioielli da favola; e dunque le tre serate, ormai diventate imperdibili eventi mondani, “slittano” alla fine della settimana, e conquistano i giorni di grande afflusso: da giovedì a sabato”

Infine una nota: il piccolo libretto con le canzoni del festival stampato dalle Messaggerie Musicali ottiene un sensazionale record di vendite.

IL TERZO FESTIVAL DI SAN REMO

Ogni anno nascono in Italia migliaia di canzoni, delle quali solo poche raggiungono la popolarità. La stragrande maggioranza ha vita effimera, come quelle farfalle che, appunto, di « effimere » hanno il nome.

Tra queste migliaia di canzoni, da tre anni a questa parte ve ne sono venti che nascono già col crisma della popolarità, perché popolarissima è ormai diventata la manifestazione da cui esse vengono espresse: il Festival di Sanremo.

Molte -sono le critiche a cui questa manifestazione è soggetta e inevitabili le polemiche a cui essa da luogo. E’ innegabile, tuttavia, che il Festival di Sanremo, divenuto in soli tre anni una tradizione, costituisce ormai un avvenimento. E ha dimostrato di rispondere a quello che è lo scopo per cui è nato: valorizzare la canzone italiana, che si era troppo legata a schemi forestieri, richiamare intorno alla nostra canzone  l’interesse non solo del pubblico italiano, ma anche quello, del resto sempre crescente, degli editori europei e americani.

Fra le sessanta canzoni che abbiamo voluto raccogliere in questo volumetto e che sono appunto quelle ammesse nei tre Festival svoltisi finora a Sanremo, alcune hanno avuto maggior successo (e non sempre sono quelle acclamate vincitrici), altre un successo minore, ma poche sono quelle passale inosservate, cha hanno fatto, nel popolare concorso, soltanto numero. Il che vuoi dire che la giuria della RAI, prima di affidare quelle canzoni all’infallibile giudizio del pubblico, ha saputo scegliere, anche se fra le centinaia presentate al concorso possa essere sfuggita qualche canzone degna di lode.

Che poi queste canzoni siano tutte originalissime, sarebbe pretendere un po’ troppo. Diceva argutamente Libero Bovio: « è gran segno di ignoranza rimpiangere le canzoni antiche; in ogni canzone moderna vi sono, a dir poco, cinque motivi di canzoni antiche». Forse Bovio esagerava; ma anche se le nuove canzoni riecheggiano a volte vecchi  motivi, anche se non contribuiscono — come i alcuni   varrebbero  —  a   formare  il  quadro della società moderna, poco male. Non dobbiamo perdere di vista la funzione della canzone, che non vuole essere filosofica o sociale, ma vuoi essere una pura funzione di poesia e di diletto. E quando la musica è amalgamata con un’idea piacevole, è poesia; poesia  che  diletta,  come  dimostra  il  pubblico,  il quale fa suo un motivo e impara a memoria i versi su cui quel motivo è poggiato.

La canzone  è  poesia,  perché  è  ancora  capace  di  suscitare  degli  entusiasmi.

E voglio chiudere queste poche parole di prefazione con il ” rataplan ” con cui « II Gazzettino Padano » di Radio Milano ha salutato il Festival di Sanremo e che esprime, presso a poco, gli stessi concetti.

Quarta presentazione consecutiva per Nunzio Filogamo, che apre la manifestazione con queste parole: “Chi non ha assistito almeno a una serata del Festival non può farsi un’idea dell’interesse, delle passioni, delle accese polemiche e della curiosità per la più importante gara nazionale della canzone. L’entusiasmo degli spettatori, la febbre dell’attesa, il tifo dei sostenitori ha riscontro soltanto nelle più emozionanti competizioni sportive. Come sempre le canzoni prescelte sono venti, ma ne sono arrivate oltre quattrocento. La scelta è stata tutt’altro che facile. Gli alberghi della città sono pieni e molte automobili si trasformano la sera in letti di fortuna”.

E’ l’edizione dell’inno alle mamme: “Son tutte belle le mamme del mondo, grandi tesori di luce e bontà, che custodiscono un bene profondo, il più sincero dell’umanità”, motivetto del filone nazional popolare cantato da Gino Latilla e Giorgio Consolini. E così per la prima volta il Festival vede trionfare gli uomini, lasciando alle donne solo il secondo posto di Katina Raineri in coppia con Achille Togliani, che al termine della serata finale, brindando con gli amici, annuncia la fine della sua storia con Sophia Loren.

Ma è anche l’edizione dei rifiuti: Nilla Pizzi, la “Regina” non ne vuole sapere di partecipare ed anche Claudio Pica, in arte Claudio Villa, non partecipa alla gara. Tra gli autori, invece, partecipa Totò, con la canzone Con te, data per favorita si classifica soltanto al nono posto. 

 Partecipa per la prima volta a questa edizione del Festival il Quartetto Cetra, presentando diverse canzoni, fra cui “Aveva un bavero”, con cui si classificano al sesto posto e ottengono un grande successo.

Il settimanale Sorrisi e canzoni, descrive così il clima: “Dopo la premiazione, i motivi già si sentono nelle vicine sale da ballo. Era l’indizio che il Festival, giunto alla quarta edizione, aveva già raggiunto quella popolarità e quel ruolo che ancora oggi gli consentono di rimanere inossidabile alla temperie del tempo”.

Venti le canzoni in gara, i cantanti salgono a quattordici. Il biglietto per il Casinò costa 5 mila lire per le prime due serate, 10 mila per la finale ed i bagarini fanno affari d’oro perché la richiesta del pubblico è molto forte e le disponibilità dei biglietti scarse.  Scrive il Corriere della Sera: “Un pubblico elegantissimo e attento ha gremito la sala degli spettacoli del Casinò di Sanremo per la serata conclusiva del Festival. I risultati sono stati resi noti a milioni di ascoltatori in attesa davanti agli apparecchi radio e a mille privilegiati in sala. Era un po’ una contraddizione il vedere mischiate due classi sociali del Paese: i “ricchi” a cui il Casinò si era rivolto per rilanciarsi, e i “poveri”, conquistati da una manifestazione in teoria a loro preclusa sul campo, ma che furono in realtà i migliori fruitori di quel genere di musica leggera, che seppe conquistare i cuori semplici e non solo”.

I ricchi e poveri erano i protagonisti del festival e cantavano le stesse canzoni. Una contraddizione delle tante di una nazione che stava vivendo il boom economico. Il 1954 è l’anno delle prime trasmissioni televisive della Rai, con la Chiesa che protesta immediatamente per l’apparizione in video di ballerine poco coperte e della maglia iridata conquistata dal grande Fausto Coppi, criticato per la sua relazione con la “Dama Bianca”.

Intanto mentre noi omaggiavamo la mamma,  in America Bill Haley sparava le note del rock sulle vertiginose lancette di un orologio che non avrebbe mai smesso di girare. Tutta un’altra musica! Non c’era solamente l’oceano a separarci dal rock, ma una diversa visione della musica, noi dovremo attendere ancora qualche anno per registrare l’apparizione del rock di Celentano.

Quella del 1954 fu l’ultima edizione senza TV: l’anno successivo lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere, che consacreranno un’altra “autorità” della musica leggera: Claudio Villa.  E se Nilla Pizzi è stata la “regina”, Claudio Villa diventa il “reuccio” del Festival e  della canzone italiana.

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