San Marino: Il brano “Facebook uh oh oh (A satirical song)” è già sotto esame

Brutte notizie per San Marino. È passato poco meno di qualche ora dall’annuncio ufficiale della canzone eseguita da Valentina Monetta, che si chiama “Facebook uh oh oh (A satirical song)”, ma già si leggono in giro sul web notizie non molto rassicuranti.

Infatti, il sito eurofestival.ws, ha così scritto: 

“La canzone sammarinese cantata da Valentina Monetta, “Facebook, uh, oh, oh (A satirical song)”. Fa già discutere. Per la presenza di Ralph Siegel, per il tipo di melodia ed il testo e per titolo ed argomento. “Bene o male, purchè se ne parli”, dice il vecchio adagio e se questo era lo scopo di San Marino, l’operazione per adesso è riuscita: ieri la vicenda è comparsa persino  nella versione on line della prestigiosa rivista “Forbes”.

Certo tutto è stato orchestrato bene: il contatto in rete, sui sociali network, i “leak” fuggiaschi, le amicizie su facebook che hanno fatto parlare, una pagina del social network apparsa apparentemente in anticipo sui tempi (e che invece sicuramente è stata creata “ad hoc”, visto che le foto sono quelle ufficiali, con gli “abiti” del video e che la vera pagina facebook di Valentina Monetta è un altra).Per non parlare dell’età, mai pronunciata nè scritta sulle note ufficiali (e in rete l’anno di nascita compare diverso da quello reale, che si trova in un solo “reperto”, ma ufficiale).

È altrettanto vero però che adesso che inizia il gioco, non si scherza più. L’EBU-UER, sembra stia già esaminando la questione sammarinese che ruota tutta attorno ad una sola domanda, alla quale bisognerà dare una risposta. Benchè marchio commerciale (questo è un dato inconfutabile), Facebook può essere considerato una parola di uso comune così come lo è ormai diventato lo strumento medesimo, elemento “unificante” di popoli e civiltà? Se la risposta sarà positiva, allora il brano resterà in concorso, in caso contrario qualcosa andrà cambiato. Titolo e testo o direttamente tutta la canzone. E quasi certamente San Marino ha in tasca un piano B, anche se ancora nessuno conferma (ma nemmeno smentisce).

Domani si riunirà il Gruppo di Riferimento dell’EBU-UER a Baku, in occasione del meeting che precede il sorteggio dell’ordine di uscita delle semifinali, in programma Martedì. Alla delegazione del Titano, che sarà presente come le altre per le operazioni di sorteggio, sarà probabilmente comunicato il destino. L’ultima parola  in merito dovrebbe averla la tv ospitante, come di consueto. Dicono i rumors che non sarà una decisione semplice da prendere.

Il regolamento dice due cose: non si possono mandare messaggi pubblicitari (dunque non si possono citare marchi vari – e facebook è persino quotato in borsa) e non si può parlare di politica o religione, nè portare animali veri sul palco. Oltre, ovviamente, a non poter portare testi che siano offenisivi, o discriminanti di qualsiasi genere.

In un caso nella storia dell’Eurovision Song Contest, si è dovuto procedere al cambio del titolo: successe nel 1987 quando la svedese Lotta Engberg si vide tramutare la sua “Fryda Bugg & Coca Cola” (la prima è una marca di chewing gum) in “Bogaloo“. Più volte è entrata di mezzo la politica. Nel 2007 “Push the button” dei Teapacks (Israele), parlava chiaramente dell’arsenale nucleare dell’iran, definito “Biddy Biddy Kingdom” (regno “cattivo cattivo”, sfumato ancora più in negativo), col cantante Amos che aveva un bersaglio dipinto dietro la schiena. La tv finlandese li assolse, perchè poi la canzone diceva “Non  voglio morire, voglio veder spuntare i fiori”.

Andò peggio l’anno dopo a Rodolfo Chiklilicuatre (spagna) che nell’allungare a tre  minuti la sua “Baila el chiki chiki“, dovette togliere di mezzo i cognomi Rajoy e Zapatero, Chavez (inteso come il presidente del Venezuela): i primi due divennero semplicemente “Mariano” e “Josè Luis”, il terzò sparì rimpiazzato da “Bien Suave”.

Nel 2009 la tv di Mosca bocciò “We don’t wanna Put in” dei georgiani Stephane 3G. Era l’anno della guerra dell’Ossezia del Sud e dell’invasione russa nella reppublica russofona che voleva l’indipedenza dalla Georgia e quel “Put in” dello strano titolo fu letto “Putin” (allora primo ministro russo), dando un senso a tutto. Invitati a cambiare canzone, i georgiani declinarono e la tv saltò il turno.

Nel 2010 finì sotto accusa “Eastern european funk”, dei lituani Inculto, il cui testo recitava: “Noi costruiamo le vostre case e laviamo i vostri piatti perchè voi manteniate le vostre mani soffici e pulite“. E ancora: “Siamo onesti come voi. Si siamo onesti come voi. No, signore, non siamo uguali, no. Nonostante entrambi siamo della UE“. Nonchè il verso: ““noi siamo sopravvissuti ai rossi“, intendendo per tale l’occupazione sovietica dal 1940 al 1991. L’EBU-UER e la tv norvegese presero il testo come una denuncia sociale e la canzone rimase in concorso.

Al pari di  “A luta è alegria”dei portoghesi Homens da Luta, in gara l’anno scorso, nella quale non c’erano riferimenti a partiti o politici, ma si parlava chiaramente di “lotta di popolo”. Il gruppo si presentava con all’occhiello garofani rossi, simbolo di quella “rivoluzione dei garofani” che il 25 agosto 1974 rovesciò la dittatura di Antonio Salazar  e dietro alla schiena il numero 74, in ricordo di quell’anno. Era una chiara ironia in ricordo di quegli anni e ai cantanti che allora gridavano contro il regime, con sfumature politiche. L’EBU-UER e la tv tedesca sorvolarono, cogliendo appunto i sottili riferimenti.

Cosa farà l’EBU-UER? Terrà il brano in concorso? Farà cambiare le parole? Vedremo.

(Tratto da: eurofestivalnews)